
New Europe
di Anna Losurdo
L’Europa capovolta
All’improvviso ci sono state tolte abitudini e certezze, ribaltando l’ordine delle priorità di buona parte della popolazione mondiale.
Buona parte.
Perché l’altra, quella misera che si accalca nel Mediterraneo fuggendo la miseria e la paura, quella che con la morte convive da quando nasce, quella che abita i deserti e le rovine, sembra essere sparita nel nulla.
Ovunque si ripete “il mondo non sarà più lo stesso”.
Noi non dobbiamo avere paura di cambiare e di proporre un cambiamento e dobbiamo decidere oggi quale futuro scegliere tra i tanti possibili scenari.
Rischio e pericolo non sono sinonimi. Il primo serve a trovare il coraggio per cambiare, il secondo serve ad evocare la paura.
“Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo.”
Il Manifesto di Ventotene, steso nel 1941 da Spinelli e Rossi con Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, traccia le linee guida di quella che poi è stata la carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Il progetto di Unione economica e politica europea nacque dopo la catastrofe immane delle guerre mondiali.
L’idea era quella di sfuggire alle manovre delle élites conservatrici attraverso una forza sovranazionale europea.
L’ordinamento basato su una “terza via” economico-politica per evitare gli errori di capitalismo e comunismo; le ricchezze redistribuite e il governo eletto a suffragio universale.
La crisi che stiamo vivendo è la più tragica dopo la tragedia delle guerre mondiali del ‘900.
Non è una guerra ma una emergenza sanitaria. È simmetrica e globale: persone e stati sono tutti vulnerabili e tutti interconnessi. E tutti i popoli sono coinvolti.
Mentre sono gli esseri umani a decidere l’inizio e la fine delle guerre, l’emergenza ha un inizio che non abbiamo potuto impedire e una fine che dobbiamo conquistare.
Come si affronta una crisi simile?
Certamente non con gli schemi classici dello scontro o del compromesso tra gli interessi nazionali.
Siamo di fronte a un problema enorme che non conosce frontiere e che può essere risolto solo abbattendole, e certamente non costruendone di nuove.
Un disordine economico internazionale ha continuato a disordinare la vita del pianeta.
È il momento di ritornare all’idea originaria dell’Europa unita. È il tempo dell’Unione solidale o sarà l’implosione del progetto europeo, cannibalizzato dai governi nazionali e dagli interessi dei singoli stati (l’avanzo commerciale tedesco, l’autonomia dell’Olanda,”stato simil canaglia” su suolo europeo, le derive autoritarie degli oligarghi polacchi o ungheresi). Dobbiamo loro impedire che cannibalizzino anche il futuro.
Credo a una Europa capovolta.
E per realizzarla dobbiamo decidere ora dove stare e chi starà con noi.
Credo che noi siamo il giardino del mondo (forse uno degli ultimi rimasti) e dovremo essere capaci di far valere i millenni di civiltà per scegliere il futuro da costruire.
Penso che il sistema capitalistico e iperliberistico sarà ridimensionato, nonostante le differenze tra gli attuali capitalismi politici, perchè il mondo oggi fermato dal covid-19 è un mondo che si è sviluppato sulla base di scelte politiche determinate da una certa finanza.
Credo che si stia già giocando un’altra partita macroeconomica per il post pandemia: lo scontro tra i diversi capitalismi politici sarà violento e forse non è un caso che la Cina abbia scelto noi. La via della seta è anche questo. E non è detto che non sia un bene per la nostra rinascita economica.
Perchè il mondo nuovo post pandemia non si riveli un’illusione o un trucco.
Perchè il confronto tra i colossi economici mondiali, accelerato dalla crisi sanitaria, non ci distrugga definitivamente.
Affinchè la questione dei diritti umani sia posta effettivamente in termini di diritti universali, cioè che valgono per tutte le persone ovunque si trovino senza l’alibi delle eccezioni culturali.
Occorre che l’Europa diventi il motore della evoluzione planetaria, abbandonando con estrema urgenza il fallimentare modello intergovernativo dell’Unione europea che dal 1984 tradisce le aspirazioni dei padri fondatori e alimenta gli egoismi dei governi nazionali.
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Image credit: Gerd Altmann da Pixabay
della stessa autrice, su Ora Legale News:
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