
Accoglienza o criminalizzazione
di Piero Rossi (Garante regionale dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale)
Corrono sul filo della comunicazione para istituzionale (per lo più si tratta di account social di esponenti delle Istituzioni che però continuano ad esprimersi a titolo personale come se di quelle articolazioni dello Stato non fossero i rappresentanti legali) dichiarazioni improvvide che restituiscono l’immagine di un Paese che ha buone ragioni per sentirsi invaso, minacciato, in pericolo per l’arrivo di qualche centinaio di poveracci da oltre frontiera.
Il limes in questo caso non è quello di casa nostra in senso stretto ma è quello dell’Europa.
Costoro poi, con la sostanziale demolizione di un presidio sociale efficace e ben collaudato come la cosiddetta accoglienza di secondo livello (quello erogato dagli Sprar, per intenderci) incidono negativamente sulla percezione di (in) sicurezza, proprio perchè, dopo l’accertamento dello status di asilante, vengono messi nelle condizioni di allontanarsi dal solco della legalità, per bisogno e disperazione.
Non serve più commettere un reato, per rimanerne estromesso: d’ora innanzi basterà l’assenza della soluzione abitativa e la vuotezza del tempo da trascorrere.
Tutto contenuto in quel colpo di genio che si è reificato nel Decreto Salvini. Accompagnate dalle declaratorie della fine della pacchia e dell’accelerazione (irrealizzabile ope legis) delle procedure di rimpatrio forzato.
Tutto questo da un lato. Dall’altro, la consapevolezza dell’utilità di un processo in direzione ostinata e contraria.
Della mancanza della cui efficacia, francamente, affrontiamo volentieri il rischio.
Perchè, vedete, un cittadino straniero, in assenza di permesso, viene considerato un delinquente, così, per determinazione giuridica positiva, non per diritto naturale come avverrebbe se commettesse un reato contro la persona o contro il patrimonio.
Poi, soltanto dopo, quando la frittata è fatta, potrà darsi il caso che diventi un criminale per davvero, per forza di cose.
Come dicevo prima.
Una formulazione perfettamente legale dei presupposti per l’insorgenza di condotte criminali.
Il progetto ZIP, pensato insieme all’ARCI di Bari e alla Casa Circondariale di Bari, ha provato a fornire elementi di speranza, malgrado tutto, persino malgrado la commissione di un reato, conseguenza di quell’innesco perverso di cui sopra.
Un detenuto straniero che entra nel viluppo dell’espiazione della pena e questo luogo (si, proprio il Carcere, involontario approdo aperto, di quelli che invece chiunque si augurerebbe chiuso) conferisce un tetto e un pasto e poi, attraverso la mediazione culturale, l’alfabetizzazione della lingua “ospite” e l’accesso a informazioni salienti per la sopravvivenza quotidiana in un luogo straniero, scontato il debito con la Giustizia, una rete di protezione per ancora molti giorni sotto un tetto e con dei pasti e magari un lento reinserimento sociale, prima dell’espulsione o invece di quella.
Il progetto continua e ne abbiamo parlato il 15 maggio, all’interno di una bella cornice, quella della mostra Spazi Liberi, sui cui contenuti, oltre a informazioni in presentazioni precise e suggestive, rimando al sito
http://garantedetenuti.consiglio.puglia.it/dettaglio/contenuto/67546/Evento–seminario—L-accoglienza-malgrado-tutto– .
Non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo fermarci, come enunciò un pontefice altrettanto volitivo, ancorchè meno ispirato di quello che ai giorni nostri abbiamo tutti il privilegio di ascoltare ma poi in molti quello di seguire, almeno provandoci.
PIC.: Gabriel Bero da Pixabay
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