
Un tesoro da salvare
di Fabio Cavalera (Consigliere Ordine dei Giornalisti Lombardia – Presidente Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo)
Internet e i social ci hanno presentato in ogni campo e in ogni professione il nuovo potere dell’algoritmo che allarga i confini della conoscenza, della comunicazione e della informazione ma che porta con sé rischi reali di manipolazione e di addomesticamento del pensiero umano.
Lo sviluppo della rete e delle interconnessioni regalano opportunità magnifiche di progresso economico e culturale ma devono essere governati dalla consapevolezza che una forte coscienza etica e deontologica, il che presuppone l’uso sapiente della parola e della sua forza dirompente, è necessaria se non si vogliono trasformare il presente e il futuro delle tecnologie in un processo di annullamento delle coscienze critiche e delle relazioni.
La parola è uno degli strumenti più esclusivi e appassionanti che abbiamo per opporre al nuovo e algido potere dell’algoritmo il contropotere caldo della ragione. È la parola che ci rapporta con il mondo esterno. Non è l’algoritmo. Ed è la parola che ci rapporta con il nostro mondo interiore dando consistenza, forma e immagine all’intuito, alle emozioni, alle riflessioni, alle idee. Non è l’aridità programmata dell’algoritmo.
Mai come oggi, fuori e dentro la rete, fuori e dentro le agorà reali e virtuali è così vitale gestire e regolare l’assalto dell’algoritmo. La parola è il nostro tesoro da tutelare e coltivare. Difenderne la sua bellezza, la sua efficacia, la sua profondità, la sua missione di testimonianza e di narrazione nell’era della comunicazione di massa e dell’informazione digitalizzata significa una cosa sola: significa respingere le suggestioni e le deviazioni della parola banale e volgare, dell’insulto e della distorsione che sono le armi pericolose dei pupazzi urlanti, i replicanti al servizio dei padroni dell’algoritmo.
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