
La direttiva UE 2019/1023
di Stefania Pacchi (Diritto commerciale – Università di Siena)
Sommario
1. Premessa
2. L’oggetto della Direttiva
3. Il perimetro di applicazione della Direttiva
4. L’ambito della ristrutturazione
5. Le procedure “ o le misure” per la ristrutturazione
6. I nodi della ristrutturazione per la continuità. A) L’allerta
7. I nodi della ristrutturazione per la continuità. B) La richiesta
8. I nodi della ristrutturazione per la continuità. C) Le tutele. I creditori
9. I nodi della ristrutturazione per la continuità. D) Le tutele. I soci
10. I nodi della ristrutturazione per la continuità. E) La sospensione delle azioni esecutive
11. I nodi della ristrutturazione per la continuità. G) Le tutele. Il voto e le maggioranze
12. I nodi della ristrutturazione per la continuità. H) Le tutele. Il controllo dell’Autorità giudiziaria
13. Conclusioni
1. Premessa
Il 26 giugno 2019 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. L 172 della Unione Europea la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2019/1023. Il 6 giugno 2019 il Consiglio Europeo aveva, infatti, formalmente adottato la Direttiva riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, ponendo l’ultimo tassello di un iter legislativo iniziato il 22 novembre 2016 quando la Commissione europea aveva adottato una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio.
Dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale U.E. gli Stati Membri – salva individuale motivata richiesta di proroga alla Commissione – dovranno recepire, entro il 17 luglio 2021, le nuove disposizioni[1].
Si tratta di un evento legislativo significativo perché se negli anni l’UE si era dedicata a più riprese all’armonizzazione della disciplina societaria, sulla crisi d’impresa, invece, a parte l’intervento volto a disciplinare aspetti relativi ai conflitti di giurisdizione, alle procedure transfrontaliere e al riconoscimento delle sentenze in materia d’insolvenza in tutta l’UE (Reg. 1346/2000 rifuso nel Reg. 848/2015) e l’intervento di soft law sul nuovo approccio alla crisi d’impresa e sull’insolvenza (Raccomandazione del 12 marzo 2014), era rimasta pressoché silente[2]. E ciò, nonostante che da tempo fosse emersa un’esigenza di uniformare un disciplina che tanto impatto ha sull’operatività delle imprese e sui rapporti economici.
Ad oggi emergono, infatti, differenze, talora significative, tra i distinti diritti concorsuali europei nel modo di regolare i meccanismi che permettano al debitore di superare o almeno minimizzare gli effetti dell’incapacità di adempiere le obbligazioni, il che, in un contesto di crisi economica come l’attuale, costituisce un incentivo al forum shopping. E’ questa una situazione che si riflette sul tasso di recupero dei crediti transfrontalieri, sulle decisioni di investimento, sulla ristrutturazione dei gruppi sparsi nei differenti Paesi.
Dal 2015 la crisi finanziaria, da una parte, e la cultura della continuità, dall’altra, rendevano urgente un intervento dell’UE sulla materia della ristrutturazione dell’impresa per assicurarne la continuità. Fin dall’inizio dei lavori è stato chiaro l’indirizzo che l’intervento europeo voleva assumere: un’armonizzazione dei principi fondamentali della materia, rispettando invece le particolarità normative che traggono la ragion d’essere dalla tipicità delle discipline civilistiche, lavoristiche o fiscali[3].
[1] Sotto questo aspetto, particolare sarà la condizione dell’Italia che dal 15 agosto 2020, dovrà fare i conti con l’entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’insolvenza (CCII) che, non essendo su alcuni punti in linea con la Direttiva, potrebbe, già prima di quella data, essere riformato sulla base dei principi espressi dall’UE.
[2]Sull’insuccesso della Raccomandazione si può consultare (in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52016PC0723&rid=4) la Relazione redatta dalla Commissione Europea alla proposta di Direttiva. UE 848/2015, in Giust.civ., 2015, 537 ss.
[3] Sul punto A. NIGRO, La proposta di Direttiva Comunitaria in materia di disciplina della crisi delle imprese, in Riv.dir.comm,2017, II, 202-203.
2. L’oggetto della Direttiva
La Direttiva non presenta né un progetto globale di diritto delle imprese in crisi, che si rivolga sia alle procedure conservative che a quelle liquidative, nè un progetto analitico e completo di disciplina delle ristrutturazioni, – diversamente da quanto il titolo suggerirebbe – ma soltanto indirizzi su alcuni punti fondamentali, per realizzare in tutti gli Stati membri, tramite regole comuni, un contesto normativo sulle ristrutturazioni favorevole al recupero delle imprese in crisi e garante dei diritti sia dei creditori che dei debitori. Non è stato, quindi, adottato un approccio olistico verso l’armonizzazione del diritto della crisi[1]. Vengono, così, tralasciati interi passi di questa disciplina[2] come: 1) le condizioni per l’instaurazione della procedura d’insolvenza; 2) il grado dei crediti; 4) le azioni revocatorie.
Il tema delle ristrutturazioni, pur occupando una posizione centrale, non è, però, l’unico che la Direttiva tratta. Tre sono, infatti, i poli di attenzione: 1) la ristrutturazione preventiva (Titolo II) che si dipana attraverso norme sull’allerta; sulle agevolazioni delle trattative; sull’iter del piano; sulla tutela dei finanziamenti e delle operazioni connesse alla ristrutturazione e, infine, sugli obblighi dei dirigenti; 2) la esdebitazione (Titolo III) e 3) le misure per l’efficienza delle procedure (Titolo IV).
[1] Sul punto anche F. MAROTTA, L’armonizzazione europea delle discipline nazionali in materia d’insolvenza: la nuova Direttiva Europea riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità̀ e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, in www.ilcaso.it, 17 aprile 2019.
[2] Su questo punto – come del resto la Banca centrale Europea ha rilevato nel parere sulla proposta di direttiva emesso il 7 giugno 2017(in G.U.U.E., 21.07.2017 -C236/2)– pur ammettendo che le difficoltà sono molteplici in quanto certi temi impattano sul diritto civile, commerciale e societario di ciascun Ordinamento, è lecito esprimere dubbi sul successo che la Direttiva potrà avere sull’ armonizzazione del diritto della crisi.
3. Il perimetro di applicazione della Direttiva
Per quanto riguarda il soggetto di questi percorsi – di ristrutturazione e di esdebitazione – l’art. 1, par. 1, lett. a) rinvia al “debitore” che tuttavia non può essere inteso nella sua accezione più ampia. Dalla lett.b) dello stesso articolo emerge, infatti, che il soggetto è l’imprenditore (persona fisica) e l’impresa collettivamente gestita. Salva l’esclusione dell’impresa bancaria, assicurativa e di investimento, dell’ente finanziario, dell’ente pubblico vi rientrano tutti gli imprenditori senza distinzioni dimensionali o di oggetto (compreso, quindi, l’imprenditore agricolo).
Ma c’è di più in quanto la Direttiva all’art. 2 inserisce nel genus “imprenditore” anche colui che svolge professionalmente un’attività di natura intellettuale, come quella del professionista intellettuale, oggi in Italia escluso dalle procedure concorsuali per l’imprenditore commerciale in quanto non ritenuto tale. La Direttiva, quindi, apre uno stesso percorso di ristrutturazione a chiunque sia, ai sensi dell’art. 2, par. 1, n. 9), imprenditore.
A questi soggetti (piccola impresa, impresa agricola e professionista intellettuale) il Codice della crisi (ma già la L.3/2012) destina, invece, un diverso percorso concorsuale, quello delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento e della liquidazione controllata del sovraindebitato.
Occorre segnalare che l’immagine di imprenditore che pervade la Direttiva è quella di un soggetto ammantato da una intensa colorazione sociale. Vi è, infatti, un richiamo continuo ai lavoratori, ai posti di lavoro, agli stakeholders.
Volendo sondare il livello di adeguatezza del nostro Codice della Crisi rispetto al presupposto soggettivo come fissato dalla Direttiva, possiamo segnalare una divergenza tra l’unico binario concorsuale del legislatore Europeo, percorribile da parte di tutti coloro che rientrano nell’area degli imprenditori da una parte e il duplice binario di quello Italiano, retaggio di un’impostazione storica ancora non superata, nonostante che, con particolare riferimento all’imprenditore agricolo, la differenza di trattamento appaia superata da tempo.
Questa differenza di posizioni potrebbe indurre – anche nel quadro di una semplificazione e razionalizzazione del sistema – il Legislatore Italiano a interrogarsi circa la effettiva necessità di mantenere un doppio binario di concorsualità per gli imprenditori commerciali sopra soglia da una parte e gli altri imprenditori – agricoli e sotto soglia (e debitori civili) – dall’altra.
Il procedimento di ristrutturazione dovrebbe applicarsi quando il debitore si trova in uno stato di difficoltà finanziaria (art. 4) che potrebbe convertirsi, con un certo margine di probabilità, in insolvenza. L’impresa, oltre che essere “sana” dal punto di vista economico, (Considerando 1) dovrebbe quindi – all’esame del presupposto oggettivo – presentare prospettive di superamento della transitoria crisi.
Diversi Stati membri avevano tuttavia espresso preoccupazione per il fatto che l’accesso fosse consentito in presenza di insolvenza probabile che potrebbe tuttavia coesistere con l’assenza di sostenibilità economica. Se così fosse, è stato obiettato[1], causerebbe un ritardo nell’apertura di una procedura di insolvenza, con conseguente riduzione della massa attiva. Il testo consente pertanto ai Legislatori nazionali di introdurre, a determinate condizioni, una prova di sostenibilità economica pur in presenza di un approccio precoce.
Sulla base della lettera della Direttiva possiamo dire, quindi, che è la pre-insolvenza il presupposto al quale si guarda come fase anticipata nella quale operare la ristrutturazione.
Il pensiero del Legislatore dell’Unione Europea è rimarcato nel Considerando 22: “Quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un’insolvenza imminente o, nel caso di un’impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione”. E’ escluso in radice che l’intervento possa avvenire sia quando manchi qualunque elemento premonitore, sia quando ci sia insolvenza in atto o già aggravata in dissesto.
Chiara è la distanza da Ordinamenti che collegano invece soltanto all’insolvenza la limitazione dei diritti dei creditori non giustificando “il sacrificio dei diritti dei creditori sulla base della sola volontà della maggioranza sia per quanto concerne la falcidia dei loro crediti sia per quanto riguarda la sospensione delle azioni esecutive”[2] o che, invece, ammettono entrambi i presupposti – crisi e insolvenza – per l’accesso agli strumenti conservativi. Su quest’ultima linea si colloca il nostro Ordinamento che fa poi discendere identici effetti per i creditori e per il debitore sia che questi versi in stato di crisi o, invece, in stato d’insolvenza al momento dell’ammissione alla procedura in continuità.
E’ evidente che la probabilità di insolvenza, posta come unico presupposto oggettivo della ristrutturazione, dovrà condizionare le riflessioni sul nostro Codice della crisi che strutturando il nuovo ordinamento della crisi sulla base dell’allerta dovrebbe conseguentemente restringere l’area di applicazione degli strumenti in continuità alle imprese che non versino in situazioni di insolvenza vera e propria.
Ritengo che, nel processo di adeguamento alla Direttiva, questo costituisca un punto centrale per il nostro Ordinamento che viceversa consente anche all’impresa insolvente di avere accesso agli strumenti preventivi di ristrutturazione
continua a leggere:La-ristrutturazione-della-impresa-nella-Direttiva-del-Parlamento-Europeo-e-del-Consiglio-2019-1023.pdf
[1] Fascicolo interistituzionale: 2016/0359(COD), Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, e che modifica la direttiva 2012/30/UE – Orientamento generale, leggibile in http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-12536-2018-INIT/it/pdf.
[2] L. PANZANI, Conservazione dell’impresa, interesse pubblico e tutela dei creditori: considerazioni a margine della proposta di direttiva in tema di armonizzazione delle procedure di ristrutturazione, in www.ilcaso.it, 11 settembre 2017, 17.
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