
Assegno divorzile: il tribunale di Matera bacchetta le sezioni unite
di Enzo Varricchio
Come noto, con la sentenza n. 18287/2018, le sezioni unite della Suprema Corte hanno offerto una interpretazione innovativa dell’art. 5, comma sesto, della legge 898 del 1970, stabilendo che il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge – cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa – richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte dell’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, i quali costituiscono il parametro al quale occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.
Il giudizio, tuttavia, dovrà essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.
La recente sentenza del Tribunale di Matera n. 277 del 14/11/2021, pubblicata il 13/04/2022, estensore il Presidente Giorgio Pica, giurista inclìto e raffinatissimo alla sua ultima decisione prima del pensionamento, bacchetta pesantemente l’interpretazione normativa della Corte di legittimità.
Secondo il collegio materano, con la sentenza 18287/2018, la Corte di Cassazione ha preso il classico “granchio”, in quanto la rilettura offerta dagli Ermellini del sesto comma dell’art. 5 citato, risulta in palese contrasto con il senso letterale e logico del testo normativo dell’art. 5 comma sesto, legge 898/1970 e, in definitiva, con l’intentio legis, e dunque viola il disposto dell’art. 12 comma primo delle preleggi.
Elidendo il presupposto normativo della radicale mancanza di autosufficienza economica e valorizzando piuttosto, ai fini della corresponsione dell’assegno, un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare, con la pronuncia della sezioni unite si “riporterebbe indietro di trent’anni il sistema giuridico, alla situazione ante riforma, che realizzava una indissolubilità economica del vincolo matrimoniale, comprimendo il diritto dei coniugi divorziati di riorganizzarsi autonomamente la propria esistenza”.
A detta del tribunale di Matera, seguendo gli Ermellini si riesumerebbe proprio il superato criterio del tenore di vita matrimoniale, producendo peraltro un serio aggravamento della complessità e della durata del giudizio divorzile, in quanto il giudice sarebbe costretto a svolgere in ogni giudizio divorzile in cui vi sia la relativa richiesta, accertamenti normalmente da svolgersi nella fase successiva della determinazione quantitativa e a condizione che sia prima emersa la fondatezza del diritto del richiedente stante l’inadeguatezza dei suoi mezzi di sussistenza.
La soluzione del foro lucano riconduce sul piano dell’interpretazione del concetto di “mancanza o impossibilità di procurarsi” mezzi adeguati, ed in particolare di “adeguatezza” dei mezzi medesimi, ribadendo la natura esclusivamente assistenziale dell’assegno di divorzio, in modo da evitare che la condizione di “coniuge divorziato” si possa tramutare in una rendita vitalizia di posizione, pur in mancanza di una situazione di necessità, come era stato nella vigenza della precedente normativa. Nondimeno, lascia spazio residuale alla valutazione del contributo personale dei coniugi al ménage familiare ante separazione nella determinazione quantitativa dell’assegno, laddove concesso in base agli enunciati principi.
Qui il testo integrale della sentenza: https://www.oralegalenews.it/wp-content/uploads/2022/05/Tribunale-di-Matera-sentenza-277-2022.pdf
Credits: William Holbrook Beard, Divorce
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